IL GIOCO DA TAVOLO
di Spartaco Albertarelli
Ogni epoca ha i propri simboli, quelli che anche a distanza di anni permettono a tutti di identificare quel periodo storico. Possono essere bandiere, personaggi, eventi particolari, ma alla fine ce n’è sempre uno che riconosciamo tra tutti. Ci servono, i simboli, anche per soddisfare la nostra eterna necessità di dare un ordine alle cose. Siamo fatti così. Dobbiamo per forza dare loro una collocazione, porvi sopra un’etichetta che ci permetta di riconoscerle, di metterle in fila. Vale per tutto, anche per i giochi.
Il gioco è, probabilmente, tra tutte le più antiche invenzioni dell’umanità quella che è rimasta più uguale a sé stessa.
Nel corso della nostra evoluzione abbiamo cambiato quasi tutto ciò che facciamo, ma quando ci sediamo intorno a un tavolo a giocare, alla fine possiamo specchiarci nei nostri antenati più lontani. Il gesto, le azioni, l’oggetto, sono incredibilmente simili, per non dire identici. Eppure, anche nel mondo del gioco ci sono epoche e momenti che, in qualche modo, vogliamo identificare. Date significative che ci permettano di dare un ordine a una storia, a volte anche solo per renderci consapevoli del momento in cui viviamo o siamo vissuti.
L’anno 2000 rappresenta per la storia del gioco da tavolo moderno un vero e proprio “turning point” anche se, come sempre, la cosa avviene in modo del tutto inconsapevole e solo a posteriori è possibile identificare alcune curiose coincidenze.
Prima, però, bisogna fare un piccolo passo indietro e comprendere come, dall’avvento dei primi videogiochi, moltissimi “esperti” avessero predetto la fine del gioco da tavolo, immaginando un futuro nel quale questo vecchio passatempo sarebbe stato soppiantato da una tecnologia sempre più in grado di cambiare totalmente i nostri gusti in materia di gioco. Che i videogiochi siano diventati una delle principali industrie nel campo dell’entertainment (come dicono quelli bravi) non ci sono dubbi.
Oggi la produzione di un videogioco è tranquillamente paragonabile a quella di un film di alto livello, con costi di produzione che, spesso, sono addirittura superiori.
Non a caso, il fatturato di questo comparto ha ormai da tempo superato quello del cinema e della musica messi insieme. Tutti numeri che dovrebbero ampiamente giustificare le nefaste previsioni riguardanti i giochi da tavolo.
Ma la storia, a volte, prende traiettorie impreviste e così capita che, anziché scomparire, i giochi da tavolo stiano vivendo un periodo che molti definiscono come una sorta di “Rinascimento ludico”. Mai come oggi, trovarsi con gli amici e intavolare un gioco (“intavolare” è termine diventato comune tra gli appassionati) è considerata un’attività assolutamente normale e tutto ciò che circonda il mercato del gioco da tavolo risulta essere, anno dopo anno, sempre più contemporaneo.
Quello che è successo è che il videogioco ha letteralmente conquistato l’interesse di quella fascia di età che, per semplicità, potremmo identificare con quella dei teenager, una volta di totale dominio dei giochi da tavolo.
In questo, gli esperti hanno avuto sicuramente ragione. Quello che non avevano previsto è il fatto che proprio quella generazione di videogiocatori, giunta in età più adulta, avrebbe improvvisamente sentito la mancanza di quella socializzazione tra coetanei che, per quelli nati prima di loro, era stata la norma. Improvvisamente, un numero smisurato di ragazzi ha iniziato a riscoprire il piacere di stare insieme, di condividere un tavolo con sopra un gioco e tornare a fare quella cosa così antica eppure così contemporanea che è appunto giocare in compagnia, guardandosi in faccia, senza uno schermo a dividerci.
Ma parlavamo di simboli ed è esattamente nell’anno 2000 che appare quello che per tutti gli appassionati è l’emblema di un’epoca.
No, non è semplicemente un gioco, un titolo in grado di cambiare il paradigma. Quello era già accaduto nel 1995 con l’uscita di “Siedler von Catan”, che in italiano è “I Coloni di Catan”, ma che ormai in tutto il mondo è semplicemente “Catan”, il primo gioco in grado di contendere a Monopoly lo scettro di gioco più venduto. Quell’anno i giochi “german” diventano improvvisamente popolari e per molti inizia una nuova epoca. Nel 2000, invece, esce un altro titolo, sempre di scuola “germanica”: “Carcassonne”, la città del sud della Francia celebre proprio per la sua incredibilmente ben conservata cinta muraria. Si tratta di un semplice ma geniale meccanismo di “piazzamento tessere”, con le quali si ricrea un territorio medievale composto da campi coltivabili, strade e città fortificate.
Su quei campi, su quelle strade e dentro quelle città, i giocatori, sviluppando una loro precisa strategia, collocano dei segnalini di legno che rappresentano semplici “abitanti”, che avrebbero tranquillamente potuto essere i classici “birillini”, da sempre presenti nei giochi. Anche quei “birillini” rappresentano delle “persone” stilizzate, ma in Carcassonne vengono invece introdotte delle piccole miniature di legno che rappresentano una figura stilizzata, con gambe, braccia e testa. L’area di gioco si popola di “persone”, e ogni giocatore si sente così artefice del destino della propria gente.
Il gioco diventa un successo planetario e un giorno, durante una partita tra amici, una ragazza americana di nome Alison Hansel, che come tutti chiama “my people” quei piccoli pezzettini di legno, inizia a storpiare la pronuncia inventandosi “meeple”.
Per quel gruppetto di appassionati, dall’altra parte dell’oceano, quelli iniziano ad essere per tutti semplicemente “meeple” e decidono di raccontare questo loro modo di identificare quei pezzi su un sito che si chiama BoardGameGeek.
BoardGameGeek è una sorta di gigantesco database del gioco da tavolo, nato con l’obiettivo di raccogliere schede descrittive di tutti i giochi prodotti nel mondo e, per una curiosa coincidenza, viene messo online proprio nell’anno 2000, diventando molto rapidamente il punto di riferimento non solo di tutti gli appassionati, ma anche dei professionisti del settore. I game designer hanno a disposizione una vera e propria “Bibbia del gioco”, in continua evoluzione e aggiornamento, strumento imprescindibile per analizzare ciò che è presente sul mercato, ma soprattutto ciò che è stato prodotto in passato. Quel sito diventa il luogo di incontro virtuale per tutti i giocatori del mondo, incrocio digitale per la più analogica delle passioni, e “meeple” diventa universalmente il nome di quei piccoli pezzettini di legno dalla forma umana. Oggi nel regolamento di Carcassonne quei pezzi sono definiti proprio “Meeple”.
È l’inizio del Rinascimento Ludico e il Meeple viene presto raffigurato proprio come l’uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci, altro simbolo eterno di un’epoca storica che tutti conoscono e riconoscono. In quell’accostamento quasi irriverente è riassunto in modo straordinario il concetto di “divertimento”, un’altra di quelle parole del mondo del gioco che facciamo una gran fatica a definire in modo preciso e universalmente accettato. Nel frattempo gli anni passano e il mondo del gioco da tavolo diventa sempre più “adulto” non solo per l’età degli appassionati, ma anche per la maturità del mercato. Arrivano Kickstarter, Amazon, nuove case editrici che poco alla volta si trasformano in vere e proprie multinazionali in grado di competere con i leader di una volta.
Essere un “game designer” non è più solo un modo di dire per identificare una passione creativa, ma diventa una professione vera e propria.
Gli autori di gioco iniziano ad essere delle “star” riconosciute. Si sviluppano “scuole di design” e una retorica sempre più specializzata. Gruppi e associazioni di giocatori escono dal buio dei loro ritrovi e giocare non viene più visto come la manifestazione della sindrome di Peter Pan. Essere “nerd” o “geek” diventa di moda e le manifestazioni dedicate al gioco da tavolo aumentano ogni anno il proprio pubblico arrivando a numeri da stadio.
Molti pensano che possa essere una grande bolla destinata a scoppiare prima o poi, ma nel frattempo neppure il COVID sembra essere riuscito a scalfire la passione per la socializzazione. Fare giochi da tavolo continua ad essere un’attività importante e molte sono le case editrici nate anche nel nostro Paese, che sempre di più si stanno facendo valere a livello internazionale.
Insomma, come scriveva Johan Huizinga quasi un secolo fa, alla fine ciascuno di noi altro non è che un Homo Ludens, e questo museo virtuale ha come obiettivo proprio quello di farcelo capire.
Spartaco Albertarelli, nato e cresciuto a Milano, ma di origini torinesi, è uno dei primissimi game designer italiani ad aver trasformato la sua passione in una vera e propria professione. Ha iniziato molto giovane, nel 1987, lavorando per Editrice Giochi, storica casa editrice di Monopoli, Risiko, Scarabeo e decine di altri celebri titoli. Proprio nel 1987 pubblica con EG Visual Game, che ancora oggi è un gioco di grande successo. Sue saranno anche tutte le edizioni speciali di Risiko, compresa quella da torneo, dalla quale è nata una vastissima community di appassionati. Negli anni diventerà Direttore dell’Ufficio Ricerca e Sviluppo, progettando per EG decine di titoli,comprese tutte le versioni in scatola dei giochi televisivi RAI, dal Gioco della Zingara fino a quello dei “pacchi”. Suo è anche Kaleidos, gioco che ha vinto numerosi premi internazionali e che dà il nome a KaleidosGames, casa editrice della quale oggi Spartaco è il titolare. In carriera ha progettato oltre 150 giochi da tavolo e oggi è spesso chiamato a tenere corsi dedicati al game design.